Nelle occasioni in cui ho analizzato la comunicazione politica e sociale che caratterizza questa stagione del nostro Paese, ho cercato di mantenermi il più possibile equidistante dalle diverse posizioni (vorrei dire “postazioni”); obiettivo per altro assai facile se solo consideriamo come tutto l’arco costituzionale sia lontano anni luce dai princìpi della Comunicazione Etica.
Quando si ha a che fare con i valori però (come sono anche quelli etici) non si può prescindere dall’esercizio di un DIRITTO naturale dell’uomo: quello al giudizio.
Cerco di spiegarmi meglio.
I valori, qualsiasi essi siano, guidano e orientano azioni e scelte degli individui.
È del tutto utopistico, oltre che dis-funzionale e dis-umano, pretendere l’astensione dal giudizio, facoltà che ci distingue dagli altri esseri viventi: sarebbe come dire agli uccelli, cui sono state date le ali per fare ciò che è naturale per loro ma negato agli altri, che volare è “moralmente” sbagliato!
La regola morale, di qualunque matrice essa sia, ci “dis-umanizza” (come spesso accade con le morali), ci chiede di rinunciare al giudizio, al pensiero critico e di con-formarci (quindi de-formarci).
Il principio etico, invece, difende il diritto naturale alla determinazione di ciò che è “giusto” o “sbagliato” per noi che poi, semplicemente, è proprio il giudicare. Sottrarre a un essere umano questa facoltà significa condannarlo all’omologazione e all’appiattimento (requisito necessario per il controllo delle masse), significa privarlo della libertà di pensiero , significa derubarlo della sua identità.
Un limite può e deve essere invece segnato su un altro fronte: quello della condanna.
Infatti, per esercitare tale facoltà (che discende, questa sì, da un giudizio non individuale né arbitrario) occorre il “patto sociale” più ampiamente inteso, scritto e custodito (teoricamente) nell’impianto legislativo e politico di un paese, con tutte le conseguenze che ne derivano quanto a limitazione dei diritti o irrogazione delle pene.
Perciò, in conclusione, una cosa è giudicare (diritto che non lede o limita quelli altrui), un’altra è condannare.
Ciò premesso, come si può pretendere che un individuo posto di fronte a eventi o comportamenti altrui debba astenersi dal giudicarli indesiderabili o dannosi se tali sono per lui?
Come si può pensare di sottrargli quel diritto, voglio ribadirlo, naturale e necessario?
Sulla differenza tra condanna e giudizio, differenza abilmente taciuta per decine di generazioni, si è creato nel tempo un veleno morale che spinge gli individui alla vacuità, superficialità e genericità delle opinioni e, paradossalmente, proprio alla diffidenza reciproca.
Sì perché, curiosamente e senza coerenza alcuna, ci hanno insegnato che, da un lato, non si deve “giudicare” ma anche che, dall’altro, chi non prende una posizione è personaggio ambiguo e multiforme, in ultima analisi inaffidabile o pericoloso (quando non vigliacco).
Beh, delle due, l’una, dico io: come posso prendere una posizione se prima non giudico la situazione e i suoi attori?
Ed eccomi al punto.
Oggi provo disgusto.
La continua violazione dei princìpi etici è conseguenza dell’opera di distorsione e manipolazione delle notizie che quotidianamente avviene sotto i nostri occhi e a nostro danno, a tutto vantaggio di un’azione di governo del nostro Paese volta alla salvaguardia degli interessi di pochi (n.b. “interessi” e non “diritti”…occhio alle parole utilizzate, il semplice cambio di un termine stravolge il significato di un intero atto legislativo!).
Stiamo ballando sul ponte del Titanic e ci fanno litigare fra noi sul titolo del pezzo che l’orchestra sta suonando…
LE SOLITE SEI REGOLE D’ORO:
1) Moltiplicate le fonti di informazioni da cui attingete i dati così da esprimere al meglio i vostri giudizi (da una parte come dall’altra!)
2) Tenete bene a mente che il diritto al giudizio vi appartiene: se così è, allora avete anche diritto di ricevere tutti i dati per poterlo formulare compiutamente
3) Verificate quanto vi viene detto
4) Ricordate che la comunicazione è sempre finalizzata: domandatevi qual è il fine
5) Coltivate e recuperate la memoria degli eventi: parole e fatti devono andare d’accordo
6) Ponete attenzione alle “divisioni” e agli antagonismi creati ad arte