Le parole hanno un peso ?
È convinzione comune che la risposta corretta sia: sì.
In effetti ne sono persuaso anche io.
Il fatto è che ce ne passano sotto il naso (meglio, “sott’orecchio“) a centinaia, ma non rileviamo quali siano quelle da pesare, così arrivano a segno con il loro carico latente non sempre favorevole a chi lo riceve.
Dal cesto degli inganni linguistici voglio pescare due locuzioni in particolare che nel giro di pochi giorni si sono viralmente diffuse negli articoli dei giornali, in tv, radio, talk show, internet…
La prima.
I recenti risultati elettorali hanno evidentemente toccato nervi scoperti di molte formazioni politiche che, legittimamente, sentono di doversi muovere per recuperare consenso: ciò che mi ha colpito è l’uso ripetuto che costoro (e i loro ‘interlocutori‘ quali giornalisti, intervistatori, blogger…) stanno facendo dell’espressione “offerta politica“. Mi infastidisce. Mi infastidisce perché, soprattutto negli ultimi vent’ anni (benché, storicamente, non solo in questi), il consenso politico è stato ricercato con le stesse modalità con cui un’azienda che colloca prodotti di largo consumo cerca quote di mercato: tecniche di propaganda (neanche tanto raffinate), marketing, comunicazione persuasiva, manipolazione. Mai però si era arrivati all'”offerta politica“; potrà sembrarvi un aspetto marginale ma chi si occupa di comunicazione non può non notare come ciò rappresenti invece una degenerazione, addirittura un’ossimoro. La creazione di “offerte politiche” richiama il principio dell’acquisto, disegna un flusso dall’alto verso il basso, replica uno schema commerciale, richiama la logica del restyling: in una parola è “vendita“.
C’è qualcuno che crea e predispone, e qualcuno che compra e utilizza.
Il concetto sarà più chiaro e rafforzato dalla seconda espressione: “democrazia dal basso“.
Da Puerta del Sol a Wall Street, da Barcellona a Lisbona, dall’Italia alla Svezia per non parlare delle altre “primavere”, i movimenti di origine popolare riempiono le cronache e così le domande più frequenti che sento risuonare sono: “Cosa ne pensa di questo fiorire della democrazia dal basso ?”, oppure “Qual è la sua opinione circa questa rivoluzione rappresentata dai movimenti di democrazia dal basso ?”, e via su questo genere…
Beh, voglio porgere io due domande.
La prima: “Democrazia dal basso? Ma perché, esiste forse una democrazia dall’alto?”
La seconda: “Come siamo arrivati ad accostare nella stessa frase il termine ‘rivoluzione’ all’espressione ‘democrazia dal basso’ senza sentirci offesi, umiliati o, al minimo, in pericolo?”
Se la “democrazia dal basso” è una “rivoluzione” allora siamo messi male…
“Offerta politica” e “democrazia dal basso” sono espressioni figlie degli stessi genitori, si nutrono di comunicazione non etica e informazione parziale, crescono nel terreno della paura, dell’ipocrisia, della pigrizia intellettuale e il loro scopo è il vantaggio di pochi a danno di molti.
LE SOLITE SEI REGOLE D’ORO
1) Moltiplicate le fonti di informazioni da cui attingete i dati così da costruire al meglio i vostri giudizi
2) Tenete bene a mente che il diritto al giudizio vi appartiene: se così è, allora avete anche diritto di ricevere tutti i dati per poterlo formulare compiutamente e autonomamente
3) Verificate quanto vi viene detto
4) Ricordate che la comunicazione è sempre finalizzata: domandatevi qual è il fine
5) Coltivate e recuperate la memoria degli eventi: parole e fatti devono andare d’accordo
6) Ponete attenzione alle “divisioni” e agli antagonismi creati ad arte