Io credo accada a molti di noi; di certo accade a me.
Mi riferisco alla sensazione di irrisolto che mi resta alla fine di un dibattito televisivo, specie se di carattere politico; traggo cioè la conclusione che nulla si sia concluso, che le idee siano rimaste invariate tanto quanto le posizioni (o meglio, le postazioni…) e che chi ne è stato spettatore non abbia ricevuto informazioni tali da stimolare riflessione critica o modificare, anche solo parzialmente, i giudizi iniziali.
Prima di sottoporti le due idee e mezzo citate nel titolo voglio ricordare uno studio le cui conclusioni furono presentate nel lontano 1961.
In quell’anno Muzafer Sherif, uno psicologo turco emigrato negli USA agli inizi degli anni trenta, pubblicò il risultato di una ricerca la cui prima edizione risaliva a ben sette anni prima: a questo link la trovi riportata in forma integrale.
Si trattò di un esperimento di psicologia sociale noto con il titolo di “La Caverna dei Ladri” e le cui conclusioni sono di una attualità sconcertante forse perché l’uomo, di fondo, è sempre lo stesso.
Sherif era molto interessato alle dinamiche di conflitto presenti nelle relazioni tra gruppi e alle conseguenze che queste producevano. Il terreno scelto per lo svolgimento dei lavori fu quello di una colonia estiva maschile; i ragazzi non sapevano di partecipare a un esperimento e ciò rese i risultati particolarmente rilevanti.
Sherif non ci mise molto a creare le condizioni sufficienti a innescare il conflitto che intendeva studiare; gli bastò infatti separare il gruppo dei vacanzieri in due differenti dormitori di cui fece sovrastare l’ingresso da due cartelli ben visibili, diversi tra loro: uno recitava “AQUILE” e l’altro “SERPENTI”.
Dopo i primi innocenti e divertiti sfottò da parte dei rispettivi occupanti, ben presto iniziarono le sfide e le derisioni fino ad arrivare a veri propri atti di disprezzo.
Ma tutto ciò era ben poca cosa se paragonato a ciò che successe quando furono introdotte attività competitive come la caccia al tesoro, il tiro alla fune e gare atletiche: Sherif registrò casi di spedizioni punitive al dormitorio nemico e persino scontri fisici.
A questo punto fu molto chiaro quali mezzi usare per creare contrapposizioni, tensione e scontri: era sufficiente determinare una divisione anche fittizia, superficiale, banale e priva di ogni giustificazione pregressa. La natura umana avrebbe fatto il resto.
Più difficile, per il team di Sherif, fu rimettere a posto le cose.
Il gruppo di psicologi tentò con il creare occasioni di riunione tra i gruppi ma non funzionò: ai pic-nic si contendevano il cibo, in occasione degli spettacoli all’aperto facevano a gara a chi disturbava di più, nelle cene di gruppo in mensa si spintonavano e scoppiavano risse…
Alla fine i ricercatori trovarono una soluzione tanto semplice quanto efficace: crearono situazioni in cui la competizione tra i gruppi avrebbe danneggiato entrambi.
Una di queste fu noleggiare un impianto di proiezione cinematografica da collocare nel campeggio: solo con la partecipazione di tutti alla colletta fu possibile raggiungere la cifra necessaria.
Un’altra occasione si presentò grazie a un guasto (provocato ad arte) al furgone solitamente utilizzato per andare in città a far provviste: se non lo avessero spinto tutti insieme, quella sera, non avrebbero cenato. Così facendo l’equilibrio fu ristabilito, fino al verificarsi di gesti di particolare altruismo. Insomma, leggendo la relazione sull’esperimento è davvero difficile stabilire se sia più sorprendente quanto successo prima o quanto dopo!
Ciò detto passiamo alle 2,5 idee per un dibattito in tv…
Hai notato che quando viene presentato un politico, il solo fatto che ci venga anche detto che appartiene alla “compagine“ opposta alla nostra ci predispone ad ascoltarlo con diffidenza e pregiudizio?
E, al contrario, hai mai ascoltato idee molto condivisibili espresse da personaggi che, solo dopo, hai scoperto appartenere a una posizione politica inaspettata?
E che dire delle domande?
Visto quanto sia raro che i convenuti rispondano (!) alle domande?
Sono molto attenti a rispondere a tutt’altro, una cattiva abitudine sostenuta, per altro, dal nostro pessimo giornalismo… nella tradizione anglosassone ciò sarebbe meno tollerato.
Ecco dunque le idee.
IDEA 1: invitare volti non noti (cosa che troverei moooolto interessante e persino dovuta agli elettori) presentandoli solo con nome e cognome e svelandone la “fazione” solo alla fine.
IDEA 2: moderare il dibattito in modo che OGNI ospite ponga una domanda agli altri e risponda a quelle che gli vengono rivolte.
IDEA 2,5: dato che so perfettamente che l‘IDEA 1 è quasi utopistica, la sostituisco con l’invito a un esercizio di maggior apertura, attenzione e consapevolezza da parte di tutti noi: impariamo ad ascoltare, osservare e valorizzare le persone, non i gruppi di appartenenza.
In accordo con il lavoro di Sherif dovremmo creare condizioni per le quali la competizione pregiudiziale, sorda e aggressiva tra i gruppi fosse di danno per entrambi i contendenti.
Ma temo che, allo stato attuale della nostra evoluzione culturale, il lavoro previsto dalle IDEE 1 e 2,5 sia improbo già così.
LE SOLITE SEI REGOLE D’ORO
1) Moltiplicate le fonti di informazioni da cui attingete i dati così da costruire al meglio i vostri giudizi
2) Tenete bene a mente che il diritto al giudizio vi appartiene: se così è, allora avete anche diritto di ricevere tutti i dati per poterlo formulare compiutamente
3) Verificate quanto vi viene detto
4) Ricordate che la comunicazione è sempre finalizzata: domandatevi qual è il fine
5) Coltivate e recuperate la memoria degli eventi: parole e fatti devono andare d’accordo
6) Ponete attenzione alle “divisioni” e agli antagonismi creati ad arte