Il tempo non basta mai.
Quante volte l’avrò sentito dire?
E quante volte mi avranno chiesto una mano, a riguardo?
”Non ho abbastanza tempo”
“Non riesco a gestire il tempo che ho”
“Ho troppe cose da fare e non ce la faccio”
Oppure, e questa è il massimo:
“Eh, il tempo… magari fosse di più, ci vorrebbero giornate di 40 ore!”
Coosa? Ma scherziamo?? 40 ore?
Riempiremmo anche quelle, esattamente come riempiamo tutte le corsie di un’autostrada a prescindere dal loro numero (altro bell’argomentino…)
In ogni caso, nulla di nuovo sotto il sole: chi non è mai caduto almeno una volta sulla scivolosa idea di rivedere la sua gestione del tempo? O che fosse giunto il momento di partecipare a un bel corso di Time Management?
Basterebbe ripetere due o tre volte, fra sé e sé, “gestione-del-tempo, gestione-del-tempo, gestione-del-tempo” per rendersi conto di quanto sia ridicola l’idea; siamo seri, il tempo non può essere gestito, il tempo non è gestibile, è semplicemente quello che è.
Il Time Management invece ci illude (e per questo il suo approccio è deplorevole e bugiardo) che se diventiamo migliori “gestori del tempo”, allora raggiungeremo i nostri obiettivi: panzane!
Aveva perfettamente ragione Zig Ziglar quando diceva:
Abbiamo tutti a disposizione la stessa quantità di tempo: 24 ore ogni giorno. È ciò che fai in quelle 24 ore che fa la differenza.
Mi pare talmente ovvio, talmente lampante: qui non si parla di gestire il tempo, ma di gestire se stessi. E poiché ciò è del tutto innegabile, perché allora non chiamare le cose con il loro nome?
Ok, fatta la premessa, cosa si può dire di questo annoso problema osservandolo da un punto di vista del sistema?
Un buon modo per iniziare è quello di svolgere un lavoro di anasintesi (sì, lo so, è un termine che non piace molto neanche a me ma dovrò prima o poi farmene una ragione…) che altro non è che un processo contestuale e strutturato di analisi e sintesi: in questo caso riguarderà l’attività svolta nell’arco di tempo in un contesto organizzativo.
Possiamo iniziare dal (apparente) nocciolo del problema, cioè dalla percezione di pressione che il tempo (o la sua presunta mancanza) esercita su di noi; questa pressione è data dal rapporto tra Cose da fare e Tempo disponibile.
All’aumentare del Tempo disponibile la pressione diminuisce; al contrario, all’aumentare delle Cose da fare la pressione aumenta.
Vista così, la situazione sembra riservarci due sole via d’uscita: o aumentiamo il tempo disponibile o riduciamo le cose da fare.
Certo, ci sarebbe anche una terza via: galleggiare ogni giorno sul precario equilibrio tra i due, ma noi non siamo qui per questo, giusto?
Identifichiamo dunque sin da subito i primi circoli causali:
La Pressione del tempo spinge all’Azione, cioè a lavorare per eseguire i compiti (Cose da fare) il che, dopo il lasso di tempo necessario al loro completamento, attenua la Pressione.
Esiste un ulteriore effetto positivo: svolgere le attività, oltre a diminuire la Pressione, libera nuovo Tempo disponibile.
La domanda che ora ti faccio è: sicuro che sia davvero un effetto positivo?
Se ci pensi, fin qui non abbiamo fatto altro che descrivere ciò che facciamo abitualmente, cioè agitarci in un sistema composto da due Circoli di Bilanciamento i quali, alimentando loro stessi, di fatto alimentano il problema: come può tutto questo definirsi “positivo”? Di solito le Cose da fare sono “molte di più” del Tempo disponibile e quindi, ogni volta che abbiamo la percezione che se ne sia liberato un po’, ci ritroviamo a riempirlo con un nuovo flusso di compiti. In altre parole questo schema sarebbe virtuoso solo se le Cose da fare fossero “appena poco più grandi” del Tempo disponibile, condizione che, appunto, non corrisponde mai al vero.
In concreto quindi, la grandezza Tempo disponibile, cresce solo per pochi istanti e poi si riduce di nuovo immediatamente mantenendoci nello stato di Pressione.
Quando le cose stanno in questi termini la soluzione più frequentata è quella del cavallo Gondrano.
Gondrano abitava ne “La fattoria degli animali” di G. Orwell e per ogni difficoltà aveva sempre la stessa risposta: “Lavorerò di più”, che poi è esattamente quello che facciamo anche noi. Chi ha letto La fattoria sa a cosa porta questo tipo di soluzione… e chi non lo ha letto se lo può immaginare!
Ora, se sostituiamo la normale Azione con un bel Lavorare di più non possiamo aspettarci che non ci siano conseguenze, no?
Ma poi: quanto Lavorare di più si potrà mai? E siamo sicuri che quel “di più” sia “più” delle Cose da fare che ci sono?
Inizialmente però la cosa sembra funzionare (e/o ci fa sentire meglio, che è anche peggio) e la quantità di Cose da fare cresce a un ritmo inferiore, se non, addirittura, pare diminuire nel tempo; ma è proprio il tempo il problema!
Alla lunga, infatti, con l’abituale ritardo, quel ritmo di lavoro produce Stress, finanche condizioni di Burnout, l’efficacia ne risente e così accade che… beh, il diagramma è lì da vedere: il tipico risultato prodotto dalle scelte superficiali, automatiche, non ponderate.
[bctt tweet=”Ricorda: il sistema è come il banco, vince sempre!” username=”giamerlino”]
Poiché lo Stress diminuisce l’Efficacia ecco che si amplificano i guai e sappiamo tutti cosa succede: iniziamo a erodere dal Tempo personale una quota che dedichiamo a Lavorare di più. Dai ammettilo, è esattamente quello che fai (e se non lo fai il cumulo degli arretrati cresce)…
Inserisco questa grandezza nel flusso degli eventi insieme con le relazioni che gli appartengono di diritto:
Lo Stress derivato dalla Sindrome di Gondrano ci obbliga a una soluzione che non può fare altro che aggravarla: e il peggio deve ancora venire.
Poiché in un primo momento anche questa soluzione sembra funzionare, si innesca un nuovo circolo, un circolo forzato dai nostri modelli mentali: più ho Tempo disponibile, più lo riempio di Cose da fare perché più cose faccio, minore è la Pressione del tempo, che è proprio ciò che intendevo ottenere!
Apparentemente è così, ma in un sistema esiste sempre un costo e in questo caso qual è la moneta che stiamo spendendo in maniera forsennata? Dove ci stiamo impoverendo? Segui il grafico…
Sì, esatto: dopo un po’ anche questa soluzione non funziona più ed è solitamente a questo punto, suon di trombe, che arriva al galoppo su un cavallo bianco il condottiero senza macchia e senza paura: il Time Management.
Il T.M. bussa glorioso alla nostra porta tutte le volte in cui riteniamo di dover modificare la nostra gestione del tempo, riorganizzare il flusso dei compiti, adottare un modello maggiormente efficace, fare un bel corso o affidarci a qualche guru che ci dirà come gestire meglio queste benedette 24 ore.
– APRO BREVISSIMA PARENTESI –
“Gestire”: fatto caso in quante salse e quante volte al giorno usiamo questo verbo? A me fa impressione: nasconde, e neanche tanto bene, questa smania di controllo, figlia illegittima di un periodo storico tanto convulso e frenetico quanto distonico e superficiale (nonché linguisticamente miserevole) che fa dell’antropocentrismo miope e autoreferenziale la malattia forse più grave di sempre la quale, proprio per sua natura, lascia che tutto ci sfugga. E, alla fine, non ci dotiamo di strumenti davvero utili.
– CHIUDO LA BREVISSIMA PARENTESI filosofico-social-esistenziale-un-po’-fast-food–
Tornando alla questione ecco dunque il nostro eroe entrare nella storia:
da lui ci aspettiamo una maggior efficacia nell’uso del tempo, un drastico abbattimento del numero di Cose da fare, la liberazione di Tempo da dedicare ad altro, l’eliminazione dello Stress da Pressione del tempo.
Se così è il diagramma che lo ospita diventa perciò il seguente:
Bello, bellissimo, fantastico! Peccato che non funzioni mai.
Sì, lo so, non dovrei dire “mai”, un quantificatore universale, una tipica violazione linguistica del MetaModello (qui sto ammiccando spudoratamente ai PNListi) ma la mia esperienza me lo fa proprio dire con gusto: MAI! E quelle volte in cui il Time Management ha funzionato è stato solo perché non era… Time Management; ci arriverò tra poco (per altro Stephen Covey c’è arrivato molto prima di me).
In soldoni: se la convinzione è che il T.M. migliorerà l’efficacia riducendo le Cose da fare e contestualmente la Pressione del tempo (cosa che sembra anche avere senso) perché lo schema, semplicemente, non funziona? Perché nella vita reale non va così? Perché il flusso degli eventi è un altro?
Prenditi qualche istante di tempo (ne hai, sì?) per farti un giro lungo le autostrade del controsenso…
Il vero problema, il nocciolo della questione, risiede nel nostro sistema di credenze, nei nostri modelli mentali che sono sempre presenti come elemento sensibile dei sistemi e dei loro archetipi.
Un esempio? Il loop B3.
In un contesto organizzativo, cosa facciamo quando abbiamo tempo a disposizione? Semplice: creiamo o cerchiamo cose da fare, naturalmente.
Nel nostro modo di vivere il mondo del lavoro sembra inconcepibile che si abbia Tempo a disposizione, e infatti facciamo in modo di garantire che nessuno ne abbia.
D’altro canto come si può affermare che una persona si stia guadagnando lo stipendio se ha Tempo a disposizione? Assurdo, no? Ma cos’è questo se non un modello mentale?
Tutto ciò vale per il management, che è direttamente responsabile di se stesso almeno qualche volta (lo so questa è cattiva e arriva dopo…), ma vale anche per gli altri, quelli che il management si preoccupa di tenere sempre così tanto occupati.
L’equazione Stipendio=Tempo è un veleno a lento rilascio per le organizzazioni che vogliono crescere: a tal proposito consiglio questa lettura, che è la prima risposta alla questione.
[bctt tweet=”Il Time Management non funziona perché il vero problema risiede nel nostro sistema di credenze” username=”giamerlino”]
Una seconda risposta sensata al problema (che anzi dovresti considerare come precondizione assoluta per far girare meglio l’orologio) è che per avere tempo a disposizione dobbiamo prima credere che averne sia una buona cosa: e cos’è questo se non un altro modello mentale?
Lo so, qualcuno farà fatica ad accettarla e forse non la comprenderà fino in fondo. Bene, a costoro raccomando un’altra corsa a “finestrini aperti” (!) su quell’autostrada del controsenso e, se serve, un’altra ancora e poi un’altra ancora, fino a quando non la capiscono: nel frattempo io aspetto alla fine del giro perché, avendolo già fatto, adesso ho tempo a disposizione.
Come di consueto, Gianluigi fa un’analisi lucidissima (e quindi spietata). Concordo con le conclusioni, e chi non potrebbe??!, le società che si autoproclamano “civili” dovrebbero interrogarsi una volta in più (ma in fondo quando mai lo facciamo) sullo sfruttamento della risorsa tempo- su quanto è giusto pretenderne da un individuo in cambio di denaro per la sua sussistenza (forse qualcuno ancora lo chiama forza lavoro). Inoltre potremmo coraggiosamente riflettere su quanta paura ci fa avere tempo libero, libero veramente da tutto, tempo semplicemente per “stare”…
Wow, fantastico: “quanta paura ci fa avere tempo libero, libero veramente da tutto, tempo semplicemente per ‘stare’ ”. Una forma di straordinario coraggio, direi, una leadership di esempio, davvero poco conosciuta; eppure sarebbe una rivoluzione, o come mi piace sempre dire, una ri-evoluzione. Sottoscrivo ogni sillaba: grazie Claudia!
Mi dispiace, ma non capisco le basi del diagramma, quindi non riesco a seguire il ragionamento. Partendo dallo schema più semplice come faccio a capire che tempo disponibile e cose da fare sono in una situazione di aumento? Mentre alla fine della freccia ho un più o un meno, che mi fa capire che il secondo fattore è in diminuzione o in aumento, non ho la stessa indicazione per il dato di partenza.
Scusate la domanda da principiante:-)
Ciao Piermauro, grazie del tuo messaggio e non scusarti :) ! Anzi, mi scuso io perché non sono sicuro di aver compreso la domanda. Mi parli dello schema più semplice: ti riferisci forse al secondo?
Mi pare tuttavia che il nocciolo del tuo dubbio risieda nella parte in cui dici “come faccio a capire che tempo disponibile e cose da fare sono in una situazione di aumento?” (correggimi se sbaglio). Se intendo bene, dunque, la tua difficoltà consiste nel non vedere da dove spunterebbe, graficamente parlando, il legame di proporzione diretta che c’è tra Tempo Disponibile e Cose da Fare, quello blu del loop B3, giusto? Fammi sapere, così evito di avventurarmi in spiegazioni che non ti servono ;) Grazie!
P.S.: Ricordiamo sempre che i segni + e – stanno a indicare che la grandezza alla fine della freccia cresce in maniera rispettivamente diretta o inversa rispetto a quella che si trova all’origine.
Ciao Gianluigi, grazie per la disponibilità. Mi riferivo al primissimo schema, quello più semplice in cui ci sono i tre fattori base: tempo, pressione e cose (B1 credo). Riflettendoci credo di avere capito: è sempre una crescita o diretta o inversa. Ho più tempo disponibile sento quindi meno la pressione, crescita inversa, ho più cose da fare, sento più la pressione, quindi crescita diretta. Beh almeno spero:)
Ciao Piermauro, esatto! Con questa prima regola base puoi percorrere tutto il grafico in ogni direzione ;)
Grazie e a presto!