Accidenti, mi sa che sono partito un po’ duro! Guarda che titolo…
Vabbè pazienza, ormai è fatta.
C’è una cosa che digerisco sempre più a fatica: l’atteggiamento di chi incolpa gli altri (dipendenti, colleghi, amici, familiari, la “gente”, lo “Stato”…) dei propri problemi, o di chi attende che siano (ancora) gli altri a risolverglieli, a naso in su in attesa della manna o a naso in giù in attesa che sul marciapiede sotto casa passi un redentore a citofonare riverente, meglio se a buon prezzo.
Magari ti chiedono anche di aiutarli (è una richiesta di aiuto o si stanno solo lamentando?), perché, in fondo, lo sanno che c’è qualcosa che non va, non sono mica scemi; sanno che lo fai di mestiere; sanno di avere un problema grosso che si portano dietro da tempo e che ogni giorno che passa diventa sempre più virulento; sentono che da soli, probabilmente, non ce la possono più fare (altrimenti non ne parlerebbero con te), ma scambiano questa idea con la convinzione che debba essere tu a levar loro le castagne dal fuoco, completamente, e che quella sia l’unica cosa che tu hai da fare sul pianeta…
Poi c’è chi non “ci crede”. Legittimo. Assolutamente legittimo. Purtroppo però, del tutto campato in aria perché pregiudiziale e basato su un’assenza pressoché totale di informazioni corrette o, diversamente, su una presenza pressoché totale di pigrizia, fatalismo e alibi vari (fatto salvo però il diritto alla lamentela, beninteso!).
La verità scomoda è che ci sono cose che potete e dovete fare solo voi: qualcuno, con un po’ di fortuna, potrà indicarvi la strada, darvi lo strumento più efficace ed efficiente possibile, trasmettervi le migliori istruzioni per l’uso ma il lavoro vero, poi, dovete farlo voi!
Le persone (imprenditori o non) vengono ai corsi o partecipano a un programma di coaching convinte che al termine, per effetto di qualche strano incantesimo (deve essere il mio cognome che li inganna), la loro vita, personale o professionale, cambierà improvvisamente. E naturalmente la loro vita non cambia…
…mmmhhh, no, aspettate, questo non è vero, ho detto una sciocchezza: a più di qualcuno cambia!
Cambia a chi non si perde un parola di quello che diciamo insieme o un solo secondo dei lavori che stabiliamo di portare avanti, consapevole che ciò che sta vivendo è l’inizio di un nuovo modo di fare le cose, di vedere la realtà e di affrontarla, non la delega al santone di turno che, unto dalla divinità, gli impone la mano sulla fronte o sull’azienda o sulla porta di casa per benedirlo e mandarlo finalmente felice per le strade del mondo!
Pigrizia, negazione della responsabilità, lassismo, extrapunitività (colpa degli altri), presunzione, pregiudizio, in tre parole “mancanza di consapevolezza”, cioè sapere cosa fai, come lo fai, quando lo fai e con quale obiettivo… insomma, una fatica della madonna! Troppa fatica, vero?
Per essere consapevoli, o almeno sforzarsi seriamente di esserlo, devi davvero volerlo, devi avere una ragione forte, devi mettere da parte le tue convinzioni vecchie e inutili, formulate a tuo favore e contro gli altri o contro il “sistema”, devi sospendere il giudizio, accettare che c’è altro-oltre che ancora non sai, devi (come spesso si dice, riempiendosene la bocca, ma senza capire cosa significhi) “mettere in discussione te stesso”: non sei Dio, rilassati, siediti e sbaglia, non finisce il mondo!
Macché, naaaaa, troppa fatica, troppo pericoloso: e se poi mi scontrassi con quella verità che rifuggo con tanto abile puntiglio?
No, sono gli altri a dover fare qualcosa.
Molto meglio stare mani in tasca a tener caldo il denaro (monetine o banconote secondo i casi) o a nascondere i pugni, inutilmente serrati e rabbiosi.
Ecco, lo sapevo che ero partito duro…
P.S.: mi è arrivata oggi con una newsletter: “Se non scali la montagna non ti potrai mai godere il paesaggio.” – P. Neruda.