Nell’articolo “Magie del Meristema” del 18 aprile scorso ci siamo presi l’impegno di raccontarvi i risultati di un esperimento condotto da un eccezionale gruppo di neuroscienziati (Samuel M. McClure, Jian Li, Damon Tomlin, Kim S. Cypert, Latané M. Montague e Read Montague) pubblicato nell’ottobre del 2004 sulla rivista scientifica Neuron.
Eccoci dunque a dar seguito all’impegno preso (non nella rubrica “Pillole” come inizialmente previsto ma in uno spazio più ampio come questo).
Lo studio ha riguardato gli effetti che il marketing (ed il branding in particolare) ha sulle aspettative e sulle percezioni dei consumatori: in effetti uno degli scopi del marketing è proprio quello di “accrescere le aspettative circa un prodotto influenzando la percezione di piacere che il consumo stesso può procurare“.
Questo “trucco” sfrutta un meccanismo cognitivo che tradisce la sua presenza in una serie innumerevole di attività umane: che lo si chiami, nelle sue diverse manifestazioni, “effetto alone“, “principio di autorità“, “effetto aspettativa“, “autopersuasione” o altro modo, il funzionamento alla base è quello di allineare pensieri e/o percezioni con quanto ci aspettavamo; un po’ come quando il godimento della proiezione di una pellicola o della lettura di un libro è influenzato dalla critica positiva letta prima di iniziare.
In questo caso i “nostri eroi” hanno preso spunto dalla battaglia commerciale tra due marchi famosi : la Pepsi e la Coca Cola.
Entrambe, in un particolare momento storico della loro disfida pubblicitaria, affermarono che la loro cola era la preferita dai consumatori: chi mentiva ?
Nessuno: tutto stava in che modo ciascuno faceva valutare il proprio prodotto.
Nello studio di questo caso i ricercatori introdussero un elemento di modernità: l’uso di un apparecchio per la risonanza magnetica con cui avrebbero potuto monitorare l’attività cerebrale nel corso dei test.
Eccone il “protocollo” in breve: ai partecipanti, stesi immobili per consentire il corretto uso della macchina (i poverini sorbivano le bibite tramite una cannuccia), veniva preannunciato con un messaggio a video l'”arrivo” della Pepsi, della Coca Cola o di una bevanda fra le due non specificata; in ciascuno dei casi gli scienziati osservavano l’attività cerebrale che ne conseguiva.
Risultato ?
In linea con le aspettative (ops, forse non dovevamo dire “aspettative“…) si stabilì che i partecipanti all’esperimento attivavano parti del cervello diverse a seconda che sapessero cosa stavano bevendo oppure no.
Nel dettaglio: ogni volta che un partecipante riceveva un sorso di Pepsi o Coca veniva stimolata la stessa area del cervello (la corteccia prefrontale ventromediana o Vmpfc) preposta alle elaborazioni sensoriali.
Ma quando, prima della degustazione, veniva avvertito che avrebbe sorseggiato Coca Cola si attivavano due zone supplementari: la corteccia prefrontale dorsolaterale o Dlpfc e l’ippocampo richiamando così in azione la memoria di lavoro e le funzioni cognitive di associazione.
Ciò accadeva sia con la Pepsi che con la Coca, ma in misura nettamente maggiore con quest’ultima…e ancor più accentuata se la persona era un consumatore abituale di Coca Cola !
In conclusione quindi la reazione del cervello alla stimolazione “cieca”, cioè senza annuncio preventivo, era del tutto simile sia per un marchio che per l’altro; in caso contrario invece il vantaggio del “marchio” Coca era netto poichè attivava meccanismi cerebrali di ordine superiore, come le associazioni.
Tralasciando i dettagli sulle interazioni chimiche e funzionali delle aree cerebrali chiamate in causa è sufficiente notare come in alcune condizioni l’area mediana del cervello attivi e programmi i centri del piacere: un’ottima notizia per i pubblicitari che possono contare, per il successo della loro Cola preferita, tanto sulla composizione chimica della bevanda che su quella chimico- funzionale del nostro cervello !