Ho deciso, rischio l’impopolarità: il clamore, l’atmosfera di attesa e la ritualità del fine anno mi sono indigesti!
Ecco, l’ho detto.
E scopro che a ogni fine anno i miei pensieri in proposito sono simili, come i miei post per l’occasione.
I bilanci, i buoni propositi, i momenti per stare insieme e festeggiare con le persone che ci piacciono (si spera) e a cui vogliamo bene, i doni, dovrebbero nascere da una scelta o da un desiderio e non da una scadenza.
Lo so, può capitare che coincidano, mi si risponde che è bella l’atmosfera del Natale e del Capodanno (in alcune occasioni sì, lo è) e che, in fondo, in quei giorni siamo tutti un po’ più predisposti alla leggerezza, al sorriso e alla bontà (sarà…), che le tradizioni vanno mantenute (principio che, di solito, sottoscrivo con forte convinzione), che abbiamo sempre poche occasioni per rallentare il ritmo della nostra vita frenetica e che, quindi, è meglio approfittarne, ecc…
…ok, d’accordo, ma… chi ha determinato tutto questo?
“Beh, è così, non puoi farci niente…! ”, la pigra risposta.
Poi c’è chi pensa che posizioni simili alla mia rappresentino “il conformismo dell’anticonformismo”: almeno nel mio caso, nulla di più lontano dalla realtà!
A ogni modo e senza farla troppo lunga, non posso non ammettere che vedere persone sorridenti e rilassate faccia molto piacere anche a me (posto che l’occasione abbia davvero poteri taumaturgici); eppure mi viene sempre da domandarmi per quale diavolo di un motivo dobbiamo seguire il calendario per liberare alcune parti di noi: la domenica, le feste comandate, le feste civili, quelle commerciali come S. Valentino, la festa della mamma o della donna (offensiva come forse nessuna), le giornate a tema…
…trasformiamo ciò che dovrebbe essere consuetudine di vita e di valori in convenzione sociale.
Una convenzione è un’abitudine assurta a regola condivisa, “nobilitata” e consolidata dalla sua… anzianità di servizio.
E l’abitudine altro non è che la medesima risposta alla stessa domanda (nel migliore dei casi) o a domande diverse (nel peggiore), una forma letale di pigrizia.
Per non parlare del cambiamento che, troppo spesso, ci aspettiamo cada dall’alto…
A chi se lo aspetta (ma non solo), un augurio di un nuovo anno più consapevole, meno pigro e fatalista, con più domande e meno risposte, più alternative e meno abitudini, più azione partecipante e meno “delega”, un anno dei successi più belli ed esaltanti, quelli targati: “MERITO MIO”.
Mille felicità.
(A proposito di domande: che abbia ceduto anch’io alla convenzione degli auguri?)
Immagine: Paul Gustave Fischer – Vinterdag in Kongens Nytorv – 1907